PROPOSTA DI LEGGE

Capo I
NORME SULLA RESPONSABILITÀ
DEI MAGISTRATI

Art. 1.
(Ambito di applicazione).

      1. Le disposizioni della presente legge si applicano a tutti gli appartenenti alle magistrature ordinaria, anche onoraria, amministrativa, contabile, militare e speciali che esercitano l'attività giudiziaria, indipendentemente dalla natura delle funzioni, nonché ai soggetti estranei a tali magistrature che partecipano all'esercizio della funzione giudiziaria.
      2. Le disposizioni della presente legge si applicano anche ai magistrati che esercitano le proprie funzioni in organi collegiali.
      3. Ai fini della presente legge, il termine «magistrato» si intende riferito a tutti i soggetti indicati ai commi 1 e 2.

Art. 2.
(Insindacabilità).

      1. Il magistrato non è perseguibile, né in sede penale né in sede civile né in sede disciplinare, per l'interpretazione e per l'applicazione del diritto compiuta nell'esercizio dell'attività giudiziaria.
      2. Nell'esercizio delle funzioni giudiziarie non può dar luogo a responsabilità l'attività di valutazione del fatto e delle prove.

Art. 3.
(Responsabilità civile).

      1. Al di fuori dei casi di cui al capo II, il magistrato che, nell'esercizio delle funzioni giurisdizionali ad esso conferite dalla

 

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legge, cagiona ad altri un danno ingiusto ai sensi del comma 2 è personalmente obbligato a risarcirlo. L'azione di risarcimento nei suoi confronti può essere esercitata congiuntamente con l'azione diretta nei confronti dell'Amministrazione della giustizia qualora, ai sensi dell'articolo 28 della Costituzione e in base alle norme e ai princìpi vigenti dell'ordinamento giuridico, sussista anche la responsabilità dello Stato. L'amministrazione che ha risarcito il terzo del danno cagionato dal magistrato si rivale agendo contro quest'ultimo ai sensi degli articoli 18 e 19 del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3.
      2. È danno ingiusto, agli effetti previsti dal comma 1, quello derivante da ogni violazione dei diritti dei terzi che il magistrato abbia commesso per dolo o per colpa grave. Costituiscono colpa grave:

          a) la grave violazione di legge determinata da negligenza inescusabile;

          b) l'affermazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento;

          c) la negazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente dagli atti del procedimento;

          d) l'emissione di provvedimento concernente la libertà della persona fuori dei casi consentiti dalla legge oppure senza motivazione.

      3. La proposizione dell'azione di cui al comma 1 non osta alla presentazione della domanda di riparazione per l'ingiusta detenzione, di cui all'articolo 314 del codice di procedura penale e all'articolo 102 delle norme di cui al decreto legislativo 29 luglio 1989, n. 271, né alla presentazione della domanda di riparazione per l'errore giudiziario di cui all'articolo 645 del codice di procedura penale.
      4. Per il risarcimento del danno cagionato in conseguenza di un fatto costituente

 

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reato commesso dal magistrato nell'esercizio delle sue funzioni si applicano gli articoli da 2043 a 2059 del codice civile, secondo le norme ordinarie relative alla responsabilità dei pubblici dipendenti e in ottemperanza all'articolo 28 della Costituzione. Per l'azione di regresso dello Stato che è tenuto al risarcimento nei confronti del danneggiato, si procede ai sensi dell'ultimo periodo del comma 1 del presente articolo.

Art. 4.
(Responsabilità dei componenti gli organi giudiziari collegiali).

      1. Per il danno ingiusto, di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 3, che è derivato da atti o da operazioni di collegi giurisdizionali, sono responsabili, in solido, il presidente e i membri del collegio che hanno partecipato all'atto o all'operazione. La responsabilità è esclusa per coloro che hanno fatto constatare nel verbale il proprio dissenso, con le modalità di cui al comma 5 dell'articolo 125 del codice di procedura penale e al terzo comma dell'articolo 131 del codice di procedura civile, come sostituiti rispettivamente, dai commi 2 e 3 del presente articolo, nonché di cui al comma 4 del presente articolo. Il magistrato componente l'organo giudiziario collegiale risponde, altresì, ai sensi dell'articolo 3, quando il danno ingiusto, che ha dato luogo al risarcimento, è derivato dall'inosservanza di obblighi di sua specifica competenza.
      2. Il comma 5 dell'articolo 125 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

      «5. Dei provvedimenti collegiali può, se uno dei componenti dell'organo collegiale lo richiede, essere compilato sommario processo verbale il quale deve contenere la menzione della unanimità della decisione o del dissenso, succintamente motivato, che qualcuno dei componenti del collegio, da indicare nominativamente, ha eventualmente espresso su ciascuna delle questioni

 

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decise. Il verbale, redatto dal meno anziano dei componenti togati del collegio e sottoscritto da tutti i componenti del collegio stesso, è conservato a cura del presidente in plico sigillato presso la cancelleria dell'ufficio».

      3. Il terzo comma dell'articolo 131 del codice di procedura civile è sostituito dal seguente:

      «Dei provvedimenti collegiali può, se uno dei componenti dell'organo collegiale lo richiede, essere compilato sommario processo verbale il quale deve contenere la menzione dell'unanimità della decisione o del dissenso, succintamente motivato, che qualcuno dei componenti del collegio, da indicare nominativamente, ha eventualmente espresso su ciascuna delle questioni decise. Il verbale, redatto dal meno anziano dei componenti togati del collegio e sottoscritto da tutti i componenti del collegio stesso, è conservato a cura del presidente in plico sigillato presso la cancelleria dell'ufficio».

      4. Le disposizioni di cui al comma 5 dell'articolo 125 del codice di procedura penale, come da ultimo sostituito dal comma 2 del presente articolo, si applicano anche ai provvedimenti di altri giudici collegiali aventi giurisdizione in materia penale e di prevenzione. Le disposizioni di cui al terzo comma dell'articolo 131 del codice di procedura civile, come sostituito dal comma 3 del presente articolo, si applicano anche ai provvedimenti dei giudici collegiali aventi giurisdizione in ogni altra materia. In tali casi, il verbale delle deliberazioni è redatto dal meno anziano dei componenti del collegio o, per i collegi a composizione mista, dal meno anziano dei componenti togati, ed è sottoscritto da tutti i componenti del collegio stesso.
      5. Il giudice davanti al quale è proposta l'azione di responsabilità civile ai sensi dell'articolo 3 chiede la trasmissione del plico sigillato contenente la verbalizzazione della decisione alla quale si riferisce la dedotta responsabilità e ne ordina l'acquisizione agli atti del giudizio.

 

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      6. I modelli di verbale dei provvedimenti collegiali restano definiti ai sensi del decreto del Ministro di grazia e giustizia 16 aprile 1988, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 89 del 16 aprile 1988, e successive modificazioni. Restano determinate ai sensi del medesimo decreto le modalità di conservazione dei plichi sigillati e quelle della loro distruzione. Il Ministro della giustizia, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, provvede a modificare le disposizioni del predetto decreto, allo scopo di uniformare a quanto previsto dalla presente legge i modelli dei verbali di cui al comma 5 dell'articolo 125 del codice di procedura penale e al terzo comma dell'articolo 131 del codice di procedura civile, come sostituiti, rispettivamente, da commi 2 e 3 del presente articolo, nonché al comma 4 del presente articolo, e le modalità di conservazione dei plichi sigillati e quelle della loro distruzione quando sono decorsi i termini di prescrizione dell'azione di cui all'articolo 3.

Capo II
NORME PER IL CASO DI DINIEGO
DI GIUSTIZIA

Art. 5.
(Obblighi inerenti alla conclusione del procedimento giurisdizionale).

      1. Il magistrato ha il dovere di concludere, mediante l'adozione di un provvedimento espresso, il procedimento giurisdizionale ovvero il subprocedimento giurisdizionale di sua competenza, sia che esso consegua obbligatoriamente a un'azione o istanza, sia che esso debba essere iniziato d'ufficio.
      2. Il Ministro della giustizia determina per ciascun tipo di procedimento o di subprocedimento giurisdizionale, in quanto non sia già direttamente disposto per legge, il termine entro cui esso deve concludersi, uniformandosi alla giurisprudenza della

 

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Corte europea dei diritti dell'uomo sul termine ragionevole di cui all'articolo 6, primo paragrafo, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, resa esecutiva ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848. La determinazione di cui al precedente periodo è assunta previo parere del Consiglio superiore della magistratura per i procedimenti o i subprocedimenti civili e penali, del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa per i procedimenti o i subprocedimenti giurisdizionali amministrativi, del Consiglio di presidenza della Corte dei conti per i procedimenti o i subprocedimenti giurisdizionali contabili e del Consiglio della magistratura militare per i procedimenti o subprocedimenti giurisdizionali militari. Le determinazioni di cui al presente comma sono adottate, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, con decreto del Presidente della Repubblica.
      3. Il termine di cui al comma 2 decorre dall'inizio d'ufficio del procedimento o dal ricevimento della domanda, dell'istanza o dell'azione, se il procedimento giurisdizionale è ad iniziativa di parte.
      4. Qualora non si provveda ai sensi del comma 2, il termine di conclusione del procedimento davanti al medesimo magistrato è di un anno per la rispettiva parte dei procedimenti.

Art. 6.
(Responsabile del giusto procedimento giurisdizionale).

      1. Ove non sia già direttamente stabilito per legge o per regolamento, l'unità organizzativa responsabile del rispetto degli obblighi di cui all'articolo 5 è il titolare dell'ufficio giudiziario procedente o il magistrato designato dallo stesso nella rispettiva fase del procedimento.
      2. Il responsabile di cui al comma 1 provvede ad assegnare a sé o ad altro magistrato dell'ufficio il procedimento giurisdizionale. Fino al deposito della decisione conclusiva del procedimento, il soggetto

 

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di cui al comma 1 è civilmente responsabile ai sensi dell'articolo 7, comma 3, in solido con il magistrato procedente.
      3. Il responsabile del giusto procedimento giurisdizionale ha, nei confronti del magistrato procedente, la facoltà di richiedere per iscritto se, per l'adeguato e sollecito svolgimento del procedimento, necessitano misure organizzative particolari e ulteriori rispetto a quelle ordinarie dell'ufficio. In caso di diniego, egli è liberato dalla responsabilità solidale di cui al comma 2.

Art. 7.
(Diniego di giustizia).

      1. Il magistrato che, senza giustificato motivo, rifiuta, omette o ritarda il compimento di atti del suo ufficio, quando sono decorsi inutilmente il termine di legge per il compimento dell'atto giurisdizionale ovvero il termine fissato con il decreto del Presidente della Repubblica di cui all'articolo 5, comma 2, è punito con l'ammenda fino a 5.000 euro e con la pubblicazione della sentenza penale di condanna a sue spese.
      2. Rileva, ai fini del giustificato motivo di cui al comma 1, la complessità del caso e, in relazione alla stessa, il comportamento delle parti e del giudice del procedimento, nonché quello di ogni altra autorità chiamata a concorrervi o comunque a contribuire alla sua definizione.
      3. Per il risarcimento del danno, patrimoniale o non patrimoniale, cagionato in conseguenza di un fatto di cui al comma 1, si applica l'articolo 2056 del codice civile, con l'osservanza delle seguenti disposizioni:

          a) rileva solamente il danno riferibile al periodo eccedente il termine di cui al comma 1;

          b) il danno non patrimoniale è riparato, oltre che con il pagamento di una somma di denaro, anche attraverso adeguate

 

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forme di pubblicità della dichiarazione dell'avvenuta violazione.

      4. La proposizione dell'azione prevista dal comma 3 del presente articolo non osta alla presentazione della domanda di riparazione per l'ingiusta detenzione, di cui all'articolo 314 del codice di procedura penale e all'articolo 102 delle norme di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, né alla presentazione della domanda di riparazione dell'errore giudiziario, di cui all'articolo 645 del codice di procedura penale.
      5. All'azione di cui al comma 3 del presente articolo si applicano le disposizioni del comma 4 dell'articolo 3.

Art. 8.
(Responsabilità disciplinare).

      1. L'abituale eccessivo ritardo nel compimento degli atti inerenti all'esercizio della funzione giudiziaria, salvo che ricorrano gravi motivi di giustificazione, dà luogo a giudizio disciplinare nei confronti del magistrato.
      2. Il procuratore generale presso la Corte di cassazione per i magistrati ordinari o il titolare dell'azione disciplinare negli altri casi devono esercitare l'azione disciplinare nei confronti del magistrato per i fatti che hanno dato causa all'azione penale di cui all'articolo 7. Resta ferma la facoltà del Ministro della giustizia di cui al secondo comma dell'articolo 107 della Costituzione.

Art. 9.
(Atto tacito di rigetto).

      1. Ogni illegale omissione o rifiuto di decidere su una domanda diretta all'adozione, alla modifica o alla revoca di misure cautelari nell'ambito di un procedimento giurisdizionale civile, penale o amministrativo è suscettibile di impugnazione come atto tacito di rigetto, purché sia fatta espressa riserva di dedurre la relativa

 

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impugnazione immediatamente o nel primo atto successivo al ricevimento della notizia dell'omissione o rifiuto.
      2. La parte che impugna il silenzio-diniego ai sensi del comma 1 del presente articolo non può proporre azione civile ai sensi dell'articolo 7 né costituirsi parte civile nel relativo procedimento penale.
      3. La disposizione di cui al comma 2 del presente articolo non osta alla presentazione della domanda di riparazione per l'ingiusta detenzione, di cui all'articolo 314 del codice di procedura penale e all'articolo 102 delle norme di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, né alla presentazione della domanda di riparazione dell'errore giudiziario, di cui all'articolo 645 del codice di procedura penale.

Art. 10.
(Abrogazioni e norma transitoria).

      1. La legge 13 aprile 1988, n. 117, e successive modificazioni, è abrogata, ad eccezione degli articoli 10, 11 e 12.
      2. La legge 24 marzo 2001, n. 89, e successive modificazioni, è abrogata, ad eccezione dell'articolo 1.
      3. Alle domande presentate ai sensi dell'articolo 3 della legge 24 marzo 2001, n. 89, continua ad applicarsi il procedimento di cui alla medesima legge n. 89 del 2001, e successive modificazioni.

Art. 11.
(Entrata in vigore).

      1. La presente legge entra in vigore il sessantesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.