1. Le disposizioni della presente legge si applicano a tutti gli appartenenti alle magistrature ordinaria, anche onoraria, amministrativa, contabile, militare e speciali che esercitano l'attività giudiziaria, indipendentemente dalla natura delle funzioni, nonché ai soggetti estranei a tali magistrature che partecipano all'esercizio della funzione giudiziaria.
2. Le disposizioni della presente legge si applicano anche ai magistrati che esercitano le proprie funzioni in organi collegiali.
3. Ai fini della presente legge, il termine «magistrato» si intende riferito a tutti i soggetti indicati ai commi 1 e 2.
1. Il magistrato non è perseguibile, né in sede penale né in sede civile né in sede disciplinare, per l'interpretazione e per l'applicazione del diritto compiuta nell'esercizio dell'attività giudiziaria.
2. Nell'esercizio delle funzioni giudiziarie non può dar luogo a responsabilità l'attività di valutazione del fatto e delle prove.
1. Al di fuori dei casi di cui al capo II, il magistrato che, nell'esercizio delle funzioni giurisdizionali ad esso conferite dalla
a) la grave violazione di legge determinata da negligenza inescusabile;
b) l'affermazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento;
c) la negazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente dagli atti del procedimento;
d) l'emissione di provvedimento concernente la libertà della persona fuori dei casi consentiti dalla legge oppure senza motivazione.
3. La proposizione dell'azione di cui al comma 1 non osta alla presentazione della domanda di riparazione per l'ingiusta detenzione, di cui all'articolo 314 del codice di procedura penale e all'articolo 102 delle norme di cui al decreto legislativo 29 luglio 1989, n. 271, né alla presentazione della domanda di riparazione per l'errore giudiziario di cui all'articolo 645 del codice di procedura penale.
4. Per il risarcimento del danno cagionato in conseguenza di un fatto costituente
1. Per il danno ingiusto, di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 3, che è derivato da atti o da operazioni di collegi giurisdizionali, sono responsabili, in solido, il presidente e i membri del collegio che hanno partecipato all'atto o all'operazione. La responsabilità è esclusa per coloro che hanno fatto constatare nel verbale il proprio dissenso, con le modalità di cui al comma 5 dell'articolo 125 del codice di procedura penale e al terzo comma dell'articolo 131 del codice di procedura civile, come sostituiti rispettivamente, dai commi 2 e 3 del presente articolo, nonché di cui al comma 4 del presente articolo. Il magistrato componente l'organo giudiziario collegiale risponde, altresì, ai sensi dell'articolo 3, quando il danno ingiusto, che ha dato luogo al risarcimento, è derivato dall'inosservanza di obblighi di sua specifica competenza.
2. Il comma 5 dell'articolo 125 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:
«5. Dei provvedimenti collegiali può, se uno dei componenti dell'organo collegiale lo richiede, essere compilato sommario processo verbale il quale deve contenere la menzione della unanimità della decisione o del dissenso, succintamente motivato, che qualcuno dei componenti del collegio, da indicare nominativamente, ha eventualmente espresso su ciascuna delle questioni
3. Il terzo comma dell'articolo 131 del codice di procedura civile è sostituito dal seguente:
«Dei provvedimenti collegiali può, se uno dei componenti dell'organo collegiale lo richiede, essere compilato sommario processo verbale il quale deve contenere la menzione dell'unanimità della decisione o del dissenso, succintamente motivato, che qualcuno dei componenti del collegio, da indicare nominativamente, ha eventualmente espresso su ciascuna delle questioni decise. Il verbale, redatto dal meno anziano dei componenti togati del collegio e sottoscritto da tutti i componenti del collegio stesso, è conservato a cura del presidente in plico sigillato presso la cancelleria dell'ufficio».
4. Le disposizioni di cui al comma 5 dell'articolo 125 del codice di procedura penale, come da ultimo sostituito dal comma 2 del presente articolo, si applicano anche ai provvedimenti di altri giudici collegiali aventi giurisdizione in materia penale e di prevenzione. Le disposizioni di cui al terzo comma dell'articolo 131 del codice di procedura civile, come sostituito dal comma 3 del presente articolo, si applicano anche ai provvedimenti dei giudici collegiali aventi giurisdizione in ogni altra materia. In tali casi, il verbale delle deliberazioni è redatto dal meno anziano dei componenti del collegio o, per i collegi a composizione mista, dal meno anziano dei componenti togati, ed è sottoscritto da tutti i componenti del collegio stesso.
5. Il giudice davanti al quale è proposta l'azione di responsabilità civile ai sensi dell'articolo 3 chiede la trasmissione del plico sigillato contenente la verbalizzazione della decisione alla quale si riferisce la dedotta responsabilità e ne ordina l'acquisizione agli atti del giudizio.
1. Il magistrato ha il dovere di concludere, mediante l'adozione di un provvedimento espresso, il procedimento giurisdizionale ovvero il subprocedimento giurisdizionale di sua competenza, sia che esso consegua obbligatoriamente a un'azione o istanza, sia che esso debba essere iniziato d'ufficio.
2. Il Ministro della giustizia determina per ciascun tipo di procedimento o di subprocedimento giurisdizionale, in quanto non sia già direttamente disposto per legge, il termine entro cui esso deve concludersi, uniformandosi alla giurisprudenza della
1. Ove non sia già direttamente stabilito per legge o per regolamento, l'unità organizzativa responsabile del rispetto degli obblighi di cui all'articolo 5 è il titolare dell'ufficio giudiziario procedente o il magistrato designato dallo stesso nella rispettiva fase del procedimento.
2. Il responsabile di cui al comma 1 provvede ad assegnare a sé o ad altro magistrato dell'ufficio il procedimento giurisdizionale. Fino al deposito della decisione conclusiva del procedimento, il soggetto
1. Il magistrato che, senza giustificato motivo, rifiuta, omette o ritarda il compimento di atti del suo ufficio, quando sono decorsi inutilmente il termine di legge per il compimento dell'atto giurisdizionale ovvero il termine fissato con il decreto del Presidente della Repubblica di cui all'articolo 5, comma 2, è punito con l'ammenda fino a 5.000 euro e con la pubblicazione della sentenza penale di condanna a sue spese.
2. Rileva, ai fini del giustificato motivo di cui al comma 1, la complessità del caso e, in relazione alla stessa, il comportamento delle parti e del giudice del procedimento, nonché quello di ogni altra autorità chiamata a concorrervi o comunque a contribuire alla sua definizione.
3. Per il risarcimento del danno, patrimoniale o non patrimoniale, cagionato in conseguenza di un fatto di cui al comma 1, si applica l'articolo 2056 del codice civile, con l'osservanza delle seguenti disposizioni:
a) rileva solamente il danno riferibile al periodo eccedente il termine di cui al comma 1;
b) il danno non patrimoniale è riparato, oltre che con il pagamento di una somma di denaro, anche attraverso adeguate
4. La proposizione dell'azione prevista dal comma 3 del presente articolo non osta alla presentazione della domanda di riparazione per l'ingiusta detenzione, di cui all'articolo 314 del codice di procedura penale e all'articolo 102 delle norme di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, né alla presentazione della domanda di riparazione dell'errore giudiziario, di cui all'articolo 645 del codice di procedura penale.
5. All'azione di cui al comma 3 del presente articolo si applicano le disposizioni del comma 4 dell'articolo 3.
1. L'abituale eccessivo ritardo nel compimento degli atti inerenti all'esercizio della funzione giudiziaria, salvo che ricorrano gravi motivi di giustificazione, dà luogo a giudizio disciplinare nei confronti del magistrato.
2. Il procuratore generale presso la Corte di cassazione per i magistrati ordinari o il titolare dell'azione disciplinare negli altri casi devono esercitare l'azione disciplinare nei confronti del magistrato per i fatti che hanno dato causa all'azione penale di cui all'articolo 7. Resta ferma la facoltà del Ministro della giustizia di cui al secondo comma dell'articolo 107 della Costituzione.
1. Ogni illegale omissione o rifiuto di decidere su una domanda diretta all'adozione, alla modifica o alla revoca di misure cautelari nell'ambito di un procedimento giurisdizionale civile, penale o amministrativo è suscettibile di impugnazione come atto tacito di rigetto, purché sia fatta espressa riserva di dedurre la relativa
1. La legge 13 aprile 1988, n. 117, e successive modificazioni, è abrogata, ad eccezione degli articoli 10, 11 e 12.
2. La legge 24 marzo 2001, n. 89, e successive modificazioni, è abrogata, ad eccezione dell'articolo 1.
3. Alle domande presentate ai sensi dell'articolo 3 della legge 24 marzo 2001, n. 89, continua ad applicarsi il procedimento di cui alla medesima legge n. 89 del 2001, e successive modificazioni.
1. La presente legge entra in vigore il sessantesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.